
La Parola domenicale (I Domenica di Avvento/B) commentata da Mons Fiorenzo Facchini
3 dicembre 2023
I DOMENICA AVVENTO/B
(Is 63, 16-17.19; 64, 1-7; 1 Cor 1,3-9; Mc 13,33-37)
Un nuovo anno liturgico e l’oggi di Dio
Per la Chiesa con il tempo di Avvento, che prepara al Natale, inizia l’anno liturgico, chiaramente in discordanza con il calendario civile. Gli eventi della salvezza, calandosi nella storia umana, hanno riferimenti al tempo, ma proiettano in un futuro fuori dal tempo.
La scienza cerca di prevedere eventi futuri di ordine fisico, legati al clima o a comportamenti umani. La parola di Dio ci parla di un futuro dopo la conclusione della vicenda umana sulla terra, di un ritorno del Figlio di Dio alla fine dei tempi, di una nuova creazione (“cieli nuovi, e terra nuova”). Questa attesa di una nuova venuta del Figlio di Dio la proclamiamo come “mistero della fede”, dopo la consacrazione in ogni celebrazione eucaristica.
L’anno liturgico fa rivivere gli eventi centrali della storia della salvezza attualizzandoli nella nostra storia. In questo modo entriamo nell’oggi di Dio che scavalca il tempo: oggi ci prepariamo alla sua venuta, oggi nasce il Salvatore, oggi Gesù muore sulla croce, oggi Gesù risorge, oggi sale al Padre, oggi effonde lo Spirito, oggi cammina con noi. Non si tratta di una figura retorica. E’ l’attualizzazione della salvezza, i cui eventi storici sono resi attuali nella grazia che contengono.
Avvento, tempo di attesa e di speranza
Con l’Avvento viene richiamata l’attenzione su due venute del Signore: quella di 2000 anni fa nella storia e quella alla fine dei tempi, a conclusione della storia. Ma il ricordo della prima venuta non ha il carattere di rievocazione di un evento lontano nel tempo, ha un’attualità che scavalca il tempo perché fa entrare nell’oggi di Dio. C’è la venuta del Figlio di Dio nella storia , e c’è l’annuncio di una sua seconda venuta a conclusione della storia. Come nota san Paolo: “Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del Signore finchè egli venga” (I Cor, 11,26). Questo evento finale annunciato è un invito alla speranza. Come ha osservato Danielou, “la speranza si basa sul passato per attendere l’avvenire nella pazienza del presente”.
Abbiamo bisogno di sperare nella pacificazione tra i popoli ora in guerra, di sperare in un uso responsabile di ciò che si può realizzare con le ricerche scientifiche da chi ne può disporre, di sperare in un futuro libero da minacce incombenti.
La preghiera di Isaia riportata nella prima lettura, esprime sentimenti di speranza nel Signore che è nostro padre: “ Signore tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani”. E l’apostolo Paolo nella seconda lettura parla di attesa “della manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo che deve sostenerci fino alla fine”.
La venuta del Signore e la vigilanza
Gesù nel Vangelo annuncia una nuova venuta del Figlio dell’uomo e invita ad essere pronti: “state attenti, vegliate perché non sapete quando sarà il momento preciso…Vegliate perché non sapete quando il padrone di casa ritornerà…”. Ma di quale venuta si tratta? Dal contesto viene da pensare alla venuta del Figlio alla fine della storia. Un evento che è anticipato nella fine della vita di ogni persona. Al di là della dimensione temporale dobbiamo cogliere l’invito a essere “vigilanti, pronti all’incontro con il Figlio dell’uomo”. La venuta di Gesù nel mistero del Natale diventa anche richiamo all’incontro finale con lui al termine della vita terrena. (don Fiorenzo Facchini)